Il commento di Aldo è esemplare ed illuminate: verrebbe da aggiungere che non tutto il "negativo" e "l'inefficiente" che c'è in Italia deriva dallo Stato e/o dalla presenza invadente dello Stato.
Purtroppo ho l'impressione, (non suffragata da dati che possono dimostrarla, ma per farlo penso basterebbe andare a scavare "certosinamente" nei bilanci pubblici) che se molte delle aziende più o meno grandi si trovano nella situazione esemplificata da quelle automibilistiche italiane, buona parte della colpa vada ricercata nei molti sussidi arrivate a queste, in varie forme, da parte dello Stato (Centrale e Locale).
Di fatto queste sovvenzioni hanno permesso la sopravvivenza di siti produttivi e tipologie di prodotto che la normale legge della domanda del mercato avrebbe condannato irrimediabilmente alla chiusura.
C'è da domandarsi (e sarebbe un bel post per NFA) come si sono comportati gli altri Stati, in primis la Germania, che hanno ancora, anzi più di prima, una fortissima industria automibilistica.
Quel che voglio dire è che non è solo vincente, nel mondo, il modello dello Stato Minimo, ma anche e forse con maggior successo, quello dove lo Stato opera e indirizza tramite un politica industriale precisa e, allo stesso tempo, garantisce elevati livelli di welfare (Svezia docet). En passant: ragionare di più su questo punto forse dovrebbe servire a spiegare meglio il punto 5 del prof. BIsin